Allarme: senza dimora positivi e privi di cure nei centri di accoglienza
di Paolo Lambruschi, giovedì 2 aprile 2020
Da fio.PSD: in 13 città riscontrati 45 casi. Sono senza medico di base, le ambulanze non vengono a prenderli,. Mancano protocolli sanitari, rischio contagio elevato
Emergenza nell’emergenza quella dei senza dimora. Che rischia di esplodere provocando contagi nei servizi di accoglienza e in strada. Altro che multe perché non rispettano i divieti del Covid19, ai clochard positivi al corona virus servono attenzioni e progetti dedicati o si rischia la pandemia.
L’allarme è stato lanciato dalla fio.PSD, Federazione Italiana Organismi per le Persone senza dimora. Che, dopo aver trovato 45 senza dimora positivi in 13 città del Nord (tra cui Bergamo, Brescia, Venezia, La Spezia, Pisa, Torino) senza la possibilità di essere tenuti in quarantena.
I dati sono stati raccolti in una indagine empirica condotta sulla metà dei 150 enti pubblici e privati. L’esempio viene da Torino dove un 50enne ospite di un centro non sapeva dove andare. Aveva i sintomi, ma l’ambulanza non è uscita a prenderlo e lui non ha medico di base. È andato al pronto soccorso, ma come far osservare la quarantena ai suoi compagni di stanza e ai commensali? E chi ha incontrato in strada? “Chiediamo- denuncia la presidente fio.Psd Cristina Avonto – di rafforzare le misure di tutela sanitaria con protocolli sanitari ad hoc per le persone senza dimora. Se l’ospite di un centro di accoglienza è positivo, non sappiamo cosa fare. Non hanno il medico e le ambulanze non escono a prenderli se non sono gravi. In molte strutture non è possibile garantire le misure adottate per la quarantena”.
Il popolo della strada nel 2015, secondo l’Istat, ammontava a circa 55mila unità. Cinque anni dopo, per la crescente disoccupazione, il boom di rotture famigliari, i tagli ai servizi sociali, i decreti sicurezza che hanno aumentato il numero di immigrati irregolari, secondo i servizi di base la cifra va aumentata almeno del 20%. Metà italiani e metà stranieri, con donne e giovani in forte crescita. “La situazione nei servizi per senza dimora – prosegue Avonto -, spesso riconvertiti su richiesta delle autorità locali per l’emergenza in centri aperti h 24, si presenta problematica. Molte equipe si sono dovute mettere in quarantena quando sono stati trovati ospiti positivi.
Altra difficoltà, la contrazione della disponibilità dei volontari anziani. È difficile operare in sicurezza per la carenza di dispositivi di protezione individuale. E nonostante la trasmissione di nuovi casi sembra meno veloce, si registrano nuovi contagi multipli nei centri per la grave marginalità.” Secondo la fio.PSD senza un supporto idoneo diventerà difficile rispondere alle necessarie misure di tutela della salute di queste persone e, di conseguenza, dell’intera collettività.
Una circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 28 marzo scorso relativa alla gestione del “Sistema dei Servizi Sociali – Emergenza Coronavirus” ha chiarito ad enti locali e Regioni che i servizi per le persone vulnerabili devono essere assicurati e coordinati dalle istituzioni territoriali. “Dunque – conclude Cristina Avonto- riteniamo indispensabile chiedere procedure d’intervento in carico alle autorità sanitarie, di concerto con le protezioni civili, gli enti locali e gli enti gestori dei servizi. Il rischio dell’aumento dei contagi incontrollabile nei circuiti bassa soglia e in strada è una questione di salute pubblica urgente e indifferibile.”
La fio.Psd chiede la distribuzione di dispositivi di protezione individuali (mascherine, tute e guanti, igienizzanti) agli operatori sociali nei servizi, che siano garantiti anche alle persone senza dimora accolte e in strada e che vengano incentivate le soluzioni alloggiative emergenziali, da enti pubblici territoriali o da enti del terzo settore. Come ha fatto il Comune di Milano, anche requisendo alberghi e centri sportivi (oggi chiusi) su disposizione di sindaci e prefetti, dove poter accogliere persone senza dimora che devono rimanere in quarantena, asintomatici o in via di negativizzazione oppure chi è stato in contatto stretto con persone positive. E poi tracciare ed intervenire tempestivamente con azioni di screening e tamponi anche il popolo della strada. “Stare a casa” non è plausibile per chi soffre di problemi di salute e disturbi mentali, fragilità relazionali, barriere linguistiche e condizioni di vita ai margini.