COMUNICATO STAMPA
È possibile dare una casa a una persona senza dimora in Italia? Si è possibile!
Lo dice Cristina Avonto, presidente della fio.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora) “la possibilità esiste, è concreta e si chiama Housing First: prevede una casa, un operatore, tanto coraggio, cultura dell’accoglienza, lavoro di rete e costa 20 euro al giorno. I 35 progetti Housing First, con un coinvolgimento di 48 organizzazioni (Caritas, enti pubblici, fondazioni, cooperative, associazioni) portati avanti dal 2014 a fine dicembre 2016, hanno offerto nel corso della sperimentazione soluzioni abitative ad un totale di 668 persone (456 adulti e 232 figli) e, con il volume promosso dalla fio.PSD “Prima la casa La sperimentazione Housing First in Italia“, curato da Paolo Molinari e Anna Zenarolla e pubblicato a marzo da Franco Angeli, si rendono noti i risultati, i numeri e le criticità del programma italiano Housing First”
Nel volume sono analizzati i progetti di città come ad esempio Bologna, Ragusa, Torino, Pisa, Padova, Siracusa, Noto, Milano, Pordenone, Chioggia, Rimini, Verona; città che hanno integrato i propri servizi ai senza dimora introducendo l’approccio e le metodiche Housing First.
La perdita della casa, la precarietà lavorativa e la caduta in povertà estrema coinvolgono in Italia oltre 50 mila persone (ISTAT 2014 ). I cronici ovvero quelli più difficili da agganciare, come si dice tra operatori, sono circa 7 mila. Housing First è partito da loro offrendo una soluzione mai avuta prima: la casa. La vera sfida per il sistema dei servizi sociali infatti è stata quella di promuovere il cambiamento e vedere la persona senza dimora come una risorsa, portatrice di capacità, desideri e, certamente, anche di fragilità.
Al 31 dicembre 2016, Paolo Molinari ci dice che “Prima la casa” è stato possibile complessivamente per 358 adulti (a cui aggiungere i loro figli), accolti come persone singole o famiglie, di cui 246 senza tetto e senza casa; 90 a rischio perdita alloggio o sistemazioni insicure; 22 che vivevano situazioni abitative altamente inadeguate” (tutte situazioni di grave deprivazione abitativa). Rispetto alla cittadinanza gli adulti accolti erano per il 57,8% italiani e il 42,7% stranieri. A queste si aggiungono 157 persone (98 adulti, più 59 figli) uscite dal programma nel corso della sperimentazione. Di queste il 62,3% con esito positivo e per raggiunta autonomia, il 31,6% con esito negativo, il 6,1% con altri esiti. Questo vuol dire che in poco meno di due anni ben 61 adulti estremamente poveri e fragili sono riusciti con il progetto Housing First e con il lavoro professionale sociale a raggiungere una autonomia economica/lavorativa, una indipendenza abitativa, vuol dire che hanno goduto di un ricongiungimento familiare, di un superamento delle loro criticità. Housing First tuttavia non è un servizio one size fit come si dice in Europa ovvero non va bene per tutti. Soltanto 31 adulti hanno abbandonato il programma per incompatibilità, rifiuto del programma, mancato rispetto del patto HF, abbandoni volontari.
HF offre una casa, affiancamento sociale, un progetto personalizzato e prevede come patto anche la compartecipazione ai costi dell’abitare delle stesse persone o famiglie accolte, nelle possibilità a disposizione (a dicembre 2016 il 51,4% degli adulti accolti stava compartecipando in varia misura alla spesa). Richiede impegno, costanza e voglia di recupero. I risultati sono promettenti e se osservati considerando la residualità spesso associata ai servizi emergenziali bassa soglia, fanno pensare che i fondi recentemente stanziati dal Ministero delle politiche sociali (50+20 milioni di euro per la grave marginalità previsti dal PON Inclusione e FEAD) troveranno una risposta adeguata nei servizi già esistenti o nel promuoverne degli altri.
Tra le sfide aperte per chi fa Housing First, anche la possibilità di trovare alloggi adeguati nel mercato privato e in quartieri “normali” ha trovato soluzioni impensabili all’avvio della sperimentazione. Sono 190 le unità immobiliari usate dalle organizzazioni per accogliere le persone senza tetto (il 29% alloggi singoli, il 40% alloggi singoli per famiglie e solo il 31% alloggi condivisi da 2 o più persone); il 70% degli alloggi è stato acquisito a libero mercato privato). Socialità e integrazione, partecipazione e attivazione all’interno della comunità sono infatti alla base di un percorso inclusivo concreto soprattutto per le persone senza dimora che a fianco alle eterne problematiche legate al reddito insufficiente, lavori occasionali e abitazioni precarie, presentano alti livelli di isolamento, fragilità psicologica post trauma o perdite, dipendenza.
- Housing First offre la possibilità di gestire piccole unità immobiliari piuttosto che grandi centri di accoglienza a gestione complesse, consentendo di realizzare effettivamente percorsi di integrazione sociale e dare presenza sociale attiva a coloro che vengono sempre definiti invisibili.
- Con Housing First cambia la cultura organizzativa. Il lavoro sociale è il nodo centrale. Equipe multi professionali formate da educatori, psicologi, assistenti sociali, ma anche da volontari pronti a fare gli accompagnamenti più light o a fare compagnia alle persone accolte. Le persone vengono seguite a partire dalla loro abitazione con accompagnamenti e visite regolari a casa.
Uno degli aspetti più significativi della sperimentazione Housing First, come spiega Anna Zenarolla, è stata quella di investire molto nel monitoraggio e nella valutazione. L’intero volume è frutto dell’attività di un Comitato Scientifico che ha riportato gli esiti delle valutazioni portate avanti con differenti metodi e approcci disciplinari.
L’Università di Padova, ha studiato gli effetti dell’ HF sulla salute, l’integrazione e la soddisfazione di un gruppo di 55 persone accolte in appartamenti singoli e condivisi. La salute psico-fisica è stabile. L’integrazione sociale è migliorata grazie alle attività proposte dagli operatori alla persona e grazie alla possibilità di ripristinare legami familiari e amicali. L’80% ha incontrato persone per condividere un caffè, pranzo o cena. Il 67% ha fatto nuove amicizie fuori casa. Ma il risultato certamente più importante è l’abitare di nuova una casa, prendersi cura di sé e svolgere piccole mansioni quotidiane che se misurate su persone che hanno vissuto la strada per molti anni, sono risultati assolutamente incoraggianti.
L’Università di Catania, insieme alla Caritas di Siracusa, ha creato un software ad hoc per quantificare le risorse necessarie a portare avanti un progetto Housing First. Dallo studio di alcuni progetti (Caltanissetta, Cesena, Milano, Ravenna, Rimini, Siracusa) emerge come il costo medio giornaliero per persona acca in HF è di 20,00 per un costo mensile di 600,00 euro. I costi legati al personale qualificato, all’abitare e a servizi accessori (medici, psicologi, avvocati, mediatori familiari, etc) variano evidentemente da contesto a contesto nonché dalla complessità delle persone accolte ma questi dati ci aiutano a comprendere le opportunità che HF crea per i servizi nel lungo periodo.
L’Istituto di Ricerche Economiche e Sociali del Friuli Venezia Giulia (IRES FVG Impresa sociale) ha garantito il monitoraggio e la gestione on line degli strumenti di supporto. Il piano di monitoraggio prevedeva in fase di avvio delle progettualità HF la registrazione delle pianificazioni intraprese (analisi di contesto e relativo processo, le modalità organizzative, risorse umane, strutture immobiliari, ecc.) e del profilo socio anagrafico, delle problematiche di disagio, della deprivazione abitativa (classificazione ETHOS) dei beneficiari adulti dei programmi HF.
Politecnico e Università di Torino hanno visitato 14 case e incontrato 26 abitanti che sono diventati protagonisti di un momento straordinario attraverso la partecipazione osservante e strumenti come video tour e photo voice Partendo dagli spazi, piccoli ed essenziali, e dagli oggetti, intimi e personali, i ricercatori sono riusciti a far emergere i vissuti sospendendo il giudizio nei confronti delle persone e delle cose ma anzi osservando come la libertà consapevole e sicura di agire consente nel tempo alla persona di rendersi capace di scegliere, autodeterminarsi e vivere.
L’Università della Calabria ha presentato uno studio di caso sulla sperimentazione cosentina presentando anche le suggestive storie di vita e storie sociali delle persone accolte dal progetto. I ricercatori hanno inoltre voluto dimostrare come l’applicazione dell’approccio HF richieda un coinvolgimento forte delle istituzioni poiché laddove vi è una debolezza e un welfare debole si innestano sì pratiche di innovazione sociale ma destinate, come nel caso cosentino, a venir meno nel lungo periodo.
- HF ha reso possibile ciò che fino a poco tempo fa sembrava impossibile: dare una casa ad una persona senza dimora.
- HF è un’innovazione di sistema che rompe la tradizione. Cambia il paradigma di intervento nella homelessness.
- HF consente di agganciare anche le situazioni più critiche e ripartire dalla casa per progettare insieme un percorso di vita dignitoso.
- Le potenzialità dell’HF sono oggi legate al rapporto con le istituzioni e la comunità.
Dedicato a Angelo, Abdel, Natasha, Maria, Ivan, Wanda…
Roma, 3 maggio 2018