La strage degli invisibili: in Italia 367 senzatetto morti nel 2022, +50% rispetto al 2021
Michele Ferraris, referente della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora: “Nel 2022 sono già morte 367 persone senza dimora. Abbiamo già superato la media di un morto al giorno e si registra un aumento del 50% rispetto allo scorso anno”.
A cura di Davide Falcioni
L’ultima senzatetto che ha perso la vita in Italia si chiamava Raisa Basko. Aveva 63 anni, viveva a Pisa e domenica sera, intorno alle 20, è stata investita da un’auto mentre attraversava la strada. A tre giorni di distanza dall’incidente nessuno ha ancora reclamato il corpo della donna, probabilmente di nazionalità ucraina e arrivata nel nostro Paese nel 2019. Aveva spesso lavorato come badante, ma da alcuni mesi era in attesa di una nuova occupazione e non aveva un posto fisso in cui stare.
Raisa è solo una delle 367 persone senza dimora che a oggi, 14 dicembre, sono morte in Italia nel corso del 2022. La 63enne avrà un nome inciso su una lapide, ma in centinaia di altri casi l’identità delle vittime non è mai stata accertata. Venerdì scorso un ragazzo egiziano di 20 anni è morto di ipotermia a Bolzano, sabato e domenica altri due stranieri sono stati travolti da un treno in Friuli e Liguria. La loro identità è al momento sconosciuta.
Ma quanti sono i senza dimora che vivono in Italia? Quali sono le più frequenti cause della loro morte? E come si finisce a vivere in strada, magari dopo un’intera esistenza trascorsa in famiglia, con un lavoro e una casa in cui abitare? Fanpage.it l’ha chiesto al dottor Michele Ferraris, referente della fio.PSD, la Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora.
È corretto parlare di “senza fissa dimora” in riferimento a persone senzatetto?
Invitiamo a non parlare di “senza fissa dimora” perché non si tratta di una locuzione corretta. Si intende con ‘dimora’ un luogo stabile, personale, riservato ed intimo, nel quale la persona possa esprimere liberamente ed in condizioni di dignità e sicurezza il proprio sé, fisico ed esistenziale. La locuzione ‘senza fissa dimora’ ha una specifica connotazione burocratico-amministrativa, anche un ricco che vive in hotel lo sarebbe.
Quante sono le persone senza dimora in Italia oggi?
L’ultimo dato scientifico ufficiale è quello fornito dall’Istat nel 2015: all’epoca c’erano 50mila persone accertate più 5mila stimate non censite perché non gravitavano intorno a mense e dormitori. Quel dato ovviamente è superato. La percezione che la Federazione ha del fenomeno, avendo ascoltato i suoi 150 soci su tutto il territorio, è che rispetto a sette anni fa vi sia stato un incremento di circa il 20%: è molto complicato dare un numero esatto visto che molte persone sfuggono alla conta, perché magari non passano per i servizi o mense o perché sono stranieri sprovvisti di documenti d’identità. Possiamo stimare comunque 65/70mila senzatetto in tutta Italia. Stiamo ragionando con il ministero e Istat di organizzare una nuova e più dettagliata indagine con l’Istat.
Con la crisi Covid e la guerra è cresciuto il numero dei nuovi poveri. Sono aumentati anche i senza dimora?
Sì, assolutamente. C’è stato un incremento delle situazioni di grave povertà soprattutto legate ai nuclei familiari: chi era al limite della sopravvivenza ha risentito molto degli aumenti delle bollette o dell’inflazione alimentare e sovente in questi anni è “uscito dal sistema”, facendo un pesantissimo passo indietro. Sono aumentate di molto le richieste di beni di prima necessità.
Chi sono i senzatetto che vivono nelle nostre città? È possibile definire un loro “profilo”?
Spesso sono persone che fino a poco tempo fa erano legate a nuclei familiari e che in seguito si sono separate. I senza dimora sono generalmente individui con più problematiche che a un certo punto della loro vita si sommano e deflagrano. Si finisce in “strada” il più delle volte per un episodio scatenante, la classica goccia che fa traboccare il vaso, come una malattia o la perdita del lavoro. Se manca un sistema che ammortizza questi traumi le conseguenze possono essere disastrose: si può iniziare col dormire in macchina, poi subentrano depressione e altri problemi di salute. Si innesca così un ciclo negativo che travolge tutti gli aspetti della vita.
Quante persone sono morte finora in Italia?
Il dato aggiornato ad oggi è di 367 persone senza dimora morte nel 2022. Abbiamo già superato la media di un morto al giorno e si registra un aumento del 50% rispetto allo scorso anno. Nel 2021 i decessi sono stati complessivamente 251, nel 2020 212.
Quali sono le cause?
Si muore ogni mese e contrariamente quanto si potrebbe pensare il freddo non è la causa principale, anche se chiaramente le basse temperature portano le persone a soffrire molto di più e talvolta a perdere la vita. I “piani freddo” dei comuni, tuttavia, sono in grado di ammortizzare i decessi. Quello che impressiona è invece che i morti si verificano ogni mese, sicché i numeri di marzo e settembre, oppure di gennaio ed agosto, sono simili. Si muore il più delle volte in circostanze violente: molti vengono investiti da treni, auto o tram, altri cadono accidentalmente in fiumi o scarpate. In genere si muore in situazioni in cui non ci si troverebbe mai, se non si vivesse in strada e se non si fosse per questo psicologicamente o fisicamente molto provati. Poi certo, d’inverno si muore anche di freddo, ma fortunatamente i “piani freddo” limitano queste tragedie.
Cosa sono i “piani freddo”?
Sono interventi speciali che i servizi sociali dei comuni predispongono sui territori quando le temperature calano sotto una certa soglia: vengono allestite in scuole o palestre accoglienze notturne speciali che possono essere aperte tutto il giorno e che vengono gestite da enti del terzo settore. Naturalmente molto dipende dalle dimensioni delle città e dalla presenza effettiva in quei luoghi di senza dimora, quindi il piano freddo di Milano, Torino o Roma è chiaramente diverso rispetto a quello di città più piccole.
Quali sarebbero invece i provvedimenti strutturali necessari per limitare le sofferenze dei senza dimora? Cosa possono fare le istituzioni?
C’è un certo ottimismo. Grazie ai fondi legati alla pandemia, in particolare il Pnrr, ci sono oggi finanziamenti dedicati alla grave emarginazione adulta. Il ministero utilizzerà questi fondi tramite le regioni per avviare progetti di accoglienza e nuovi interventi soprattutto di Housing First: si tratta probabilmente di uno degli approcci più innovativi per intervenire nel contrasto alla grave marginalità. Sviluppato a New York negli anni Novanta, questo modello si è rivelato un successo nei tentativi di risolvere la condizione di senza dimora di persone con disagio multi-fattoriale negli USA, in Canada ed in molti paesi europei, Italia compresa. In pratica, le persone con anni di vita in strada o a serio rischio di perdere l’abitazione, ricevono dai servizi sociali territoriali l’opportunità di entrare in un appartamento autonomo “senza passare dal dormitorio” godendo dell’accompagnamento di una equipe di operatori sociali (supported housing) direttamente in casa. Gli studi mostrano che in 8 casi su 10 le persone coinvolte escono dall’isolamento, stabilizzano il proprio benessere psico-fisico, si prendono cura della propria salute, si impegnano in attività di training e occupazioni e riprendono i legami con familiari e amici.