Una casa tutta per sé. A Torino, l’Housing first dà nuove chance ai senzatetto.
Per aiutare le persone senza dimora, dal 2014 Torino ha introdotto nei suoi servizi progetti basati sul modello dell’housing first. A oggi sono circa 250 gli individui che stanno lasciando la strada per ricominciare una nuova vita
C’è chi – come Francesco, Luigi o Giovanni – è finito per strada negli anni del Covid, che ha dato un colpo di grazia a vite già segnate dalle difficoltà, familiari o di salute. C’è chi – come Pino o Khadija – è stato per anni un senzatetto, vivendo nelle vie di Torino dopo aver perso la famiglia ed essere entrato in un tunnel, quello della depressione o dell’alcol. Tutti loro, però, hanno trovato una nuova opportunità di vita grazie ai progetti che la Città di Torino con alcune cooperative sociali attua da dieci anni. Si tratta di programmi in cui, a differenza dei più classici progetti di aiuto ai senzatetto, chi è senza dimora può subito ottenere un’abitazione per poi rimettere in sesto la sua vita. Secondo i dati forniti dal Servizio Adulti in difficoltà della Città di Torino, nel febbraio 2024 c’erano 249 persone inserite nei programmi di questo genere, e di queste quasi cento rientrano nei programmi housing first, in cui ottenere una casa è il punto di partenza di un percorso di reinserimento, senza precondizioni o limiti di tempo.
Certo, il numero dei senza dimora nel capoluogo del Piemonte è decisamente più alto, ma quelle inserite in questi percorsi sono pur sempre persone accompagnate ad uscire dalla marginalità. L’ultimo censimento dell’Istat ha calcolato a Torino circa 1.700 senzatetto. “Da allora i numeri sono aumentati – affermano Paola Trivilino e Massimo De Albertis, del servizio “Adulti in difficoltà” della Città di Torino –. Potrebbero essere tra i 2.500 e i 3.000”. “Le città grandi hanno una sorta di vocazione all’accoglienza delle persone senza dimora – afferma Jacopo Rosatelli, assessore alle Politiche sociali e abitative –. A Torino ci sono tantissime opportunità, pubbliche o private”. D’altronde qui, tra il XVII e il XX secolo, alcuni religiosi cattolici e laici hanno dato il via a iniziative di carità e soccorso ai poveri tuttora attive. In città, però, la crisi economica (legata soprattutto all’industria dell’automobile) è forte e si registra un numero di sfratti tra i più alti d’Italia: 2.362 nel 2023, più che a Milano. Eppure quasi il 18 per cento delle abitazioni è vuoto, ragione per cui è stata lanciata la campagna “Vuoti a rendere” (sostenuta anche dal Gruppo Abele) che vuole rendere disponibili alloggi inutilizzati per superare le emergenze.