Minori senza dimora, in Italia ci sono e non sono pochi: il quadro sul fenomeno e le sfide che presenta
In Italia, i minori senza tetto o senza fissa dimora esistono, e non in una percentuale trascurabile. Questo è il fenomeno della cosiddetta ‘homelessness minorile‘: un fenomeno su cui l’attenzione sta crescendo sempre più, nel nostro Paese come nei Paesi europei, ma che è ancora poco conosciuto e delicato. E che, pertanto, deve essere analizzato con criteri esatti e che permettano di offrire un quadro completo su questo fenomeno. Secondo i dati ufficiali, che l’ISTAT – Istituto nazionale di statistica ha raccolto per il Censimento permanente della Popolazione italiana al 31 dicembre 2021, più di 96.000 persone residenti in Italia sono senza tetto o senza fissa dimora. Quasi 13mila di questi avrebbero meno di 18 anni: parliamo, dunque, circa del 13% della popolazione analizzata. Un dato sicuramente importante, e che ci fa capire che i minori senza dimora, in Italia, esistono e che questo tema deve essere analizzato e affrontato.
Un dato che, però, potrebbe restituire un quadro parziale, e non completamente corretto, del fenomeno della homelessness minorile in Italia. Lucia Fiorillo, Project and Research Assistant di fio.PSD, la Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora, ci ha spiegato perché in un’interessante intervista, nella quale ha parlato dell’impegno della fio.PSD e dei suoi soci, che sono circa 150 enti od organismi pubblici o privati, nello studio del tema, dei problemi che questo presenta e delle iniziative promosse al fine di contrastare, in generale, il fenomeno dell’homelessness nel nostro Paese.
Il sondaggio e le ricerche sui minori senza dimora in Italia
“A livello europeo, c’è un’attenzione crescente sul fenomeno della homelessness minorile“, ha spiegato Lucia Fiorillo. “In Belgio, ad esempio, sono state fatte delle rilevazioni dove si nota effettivamente che i bambini, o comunque i minorenni, sono sempre più in una condizione di senza dimora o senza tetto. E un po’ su questa scia abbiamo deciso anche noi di provare ad approfondire il tema“, ci ha detto. “Abbiamo fatto, dunque, una piccola survey fra i nostri soci, e hanno risposto più o meno una trentina o una quarantina di loro. Parliamo, dunque, di numeri che non sono pienamente rappresentativi di quello che è il panorama nazionale, però danno comunque delle prime indicazioni“.
“Abbiamo cercato di capire, in particolare, se ci sono anche dei minori in una condizione che viene ufficialmente definita come senza tetto, e cioè persone senza riparo di alcun genere o che vivono in ripari di fortuna. Parliamo soprattutto di minori stranieri, qualcuno con la famiglia di origine, e altri soli“, ha sottolineato.
La raccolta dei dati è, attualmente, in fase esplorativa. “Non ci sentiamo ancora di quantificare, o di dire quanto questo fenomeno sia esteso o che profili abbia. Abbiamo, però, delle prime indicazioni. Le prime indicazioni ci sono state fornite, in particolare, da soci di Milano, Roma e Trieste. L’indagine che abbiamo svolto è a livello nazionale, ma è da queste tre città che arrivano conferme, in maniera più dettagliata, che ci sono anche dei minori che sono in una condizione di senza tetto“, ha spiegato la nostra intervistata.
Senza tetto e senza dimora: bisogna fare una distinzione
Per realizzare delle indagini precise e dettagliate, e che restituiscano una fotografia completa del disagio sociale e abitativo dei minori in Italia, però, c’è bisogno di fare una distinzione tra ‘senza tetto‘ e ‘senza fissa dimora‘. Come ha spiegato la nostra intervistata, “la definizione di ‘senza tetto’ indica la manifestazione più estrema di quello che vuol dire essere senza dimora. E poi ci sono tutte delle declinazioni, che possiamo definire più grigie, di situazioni di persone che si trovano in una condizione di grave disagio abitativo. Questi sono i termini utilizzati a livello europeo, quando si parla di esclusione abitativa“.
E, analizzando la situazione nazionale, “emerge, infatti, che ci sono minori in situazioni di grave affollamento o vivono in abitazioni fatiscenti. Minori che vivono a rischio sfratto o che sono stati sfrattati dalle proprie abitazioni e di conseguenza si trovano, in un periodo della propria vita, anche a sperimentare la situazione di essere senza dimora. Questo soprattutto nelle situazioni di nuclei formati da mamma e bambino. Quando, cioè, dopo aver vissuto una situazione di violenza domestica, ci si trova anche in una condizione di non avere una dimora. In questo caso, si parla di Homelessness nascosta, ‘Hidden homelessness’“.
Le forme di homelessness e la prospettiva ‘amministrativa’ dell’Istat
“Questo è un fenomeno che riguarda soprattutto le donne“, ha continuato, parlando sempre della hidden homelessness. “E può succedere che siano anche donne accompagnate da figli minori. Anziché rivolgersi ai servizi per la grave marginalità, in prima istanza queste donne si rivolgono a familiari, parenti, amici, quindi per trovare situazioni di accoglienza informale, presso conoscenti o familiari. A tutti gli effetti, in questo caso, possiamo parlare di una condizione di essere senza dimora, però in una condizione molto difficile da rilevare“.
Una difficoltà nella restituzione di una fotografia completa sulle condizioni di disagio abitativo dei minori senza dimora, dunque, sta nel definire le varie ‘zone grigie‘ che intercorrono tra un estremo e l’altro, e cioè quello di una condizione abitativa stabile e quello di una condizione di ‘senza tetto‘, che è la forma più grave di homelessness. E nel capire, soprattutto, quali condizioni considerare nel conteggio dei minori senza dimora, e quali no. Ed è proprio qui che, secondo la fio.PSD, le rilevazioni Istat non riuscirebbero a delineare un quadro completo e preciso.
Come ci ha spiegato Lucia Fiorillo, con il censimento del 31 dicembre 2021, per la prima volta, l’Istat ha rilevato anche le popolazioni ‘difficili da raggiungere’, tra cui anche quelle senza dimora. Il dato delle 96.000 persone senza dimora, però, si basa solo su criteri di tipo amministrativo. Sono considerati ‘senza tetto‘ e ‘senza fissa dimora’, infatti, coloro che sono iscritti all’Anagrafe con un indirizzo di residenza fittizio e coloro che hanno scelto come Comune di residenza, il luogo dove risiedono abitualmente, pur non avendo una residenza stabile.
Perché il dato sulle persone senza dimora dell’Istat è ‘scivoloso’
“Questo dato, dunque, è scivoloso“, ha spiegato Fiorillo. “Da una parte, infatti, rischia di sottostimare il fenomeno, perché non è detto che tutte le persone che ne abbiano bisogno, riescano ad accedere al diritto alla residenza fittizia. Pensiamo a tutti gli stranieri irregolari, ad esempio. Dall’altra parte, però, c’è anche un rischio di sovrastimare i dati, perché tutti possiamo richiedere una residenza fittizia per i più disparati motivi. La residenza fittizia può, infatti, essere richiesta dalle persone che si muovono abitualmente, come i venditori ambulanti o i giostrai. Persone che, quindi si spostano regolarmente da un Comune a un altro sono definiti appunto come senza fissa dimora. Oppure può capitare che, per motivi fiscali, si possa richiedere una residenza fittizia. E queste ultime fasce di popolazione non sono le fasce alle quali ci riferiamo“.
Pertanto, ha spiegato la nostra intervistata, “questo dato dei tredicimila minori senza dimora sul territorio nazionale va preso con le pinze, ricordandosi che è una definizione di tipo amministrativo: dunque, il dato del Censimento Istat si riferisce, in generale, alle persone che hanno questo tipo di residenza. Quando, invece, noi ci riferiamo alle persone senza dimora, ci riferiamo a persone per le quali si intreccia quel disagio abitativo, sociale, relazionale. Si tratta, ovviamente, di una fattispecie più complessa di una definizione amministrativa“.
Il Rapporto sull’Esclusione Abitativa in Europa e il contributo di fio.PSD
Considerato che, dunque, a oggi non c’è un dato preciso e completo sulla condizione della homelessness minorile in Italia, la fio.PSD e gli enti iscritti sono al lavoro per offrire un quadro più chiaro sul fenomeno. I dati raccolti quest’anno saranno, poi, inseriti nel Nono Rapporto sull’Esclusione Abitativa della FEANTSA – Federazione europea degli organismi per le persone senza dimora e di Fondation Abbé Pierre, che viene, solitamente, pubblicato nel mese di settembre. “La survey che abbiamo condotto a livello nazionale è stata proprio propedeutica a rispondere a una survey europea a cui è stato chiesto di contribuire. Ogni anno la FEANTSA, e la fondazione Abbé Pierre, pubblicano il rapporto annuale sull’esclusione abitativa in Europa. Quest’anno, il rapporto avrà un focus specifico proprio sui minori senza dimora. Quindi, è un tema rispetto al quale, nei prossimi mesi, potremo avere un quadro più chiaro“, ci ha spiegato.
Infine, Lucia Fiorillo ci ha spiegato che il fenomeno dei minori senza dimora, e dell’homelessness in generale, è diffuso sia nelle grandi città italiane che in quelle più piccole. “Le grandi città sono il nucleo, sono quei punti di attrazione in cui il fenomeno, in generale, è più diffuso. Il fenomeno, però, è presente comunque anche nelle piccole città. Penso soprattutto alle piccole città nel nord o del centro nord. Ci sono stati segnalati, magari se non minori in strada, minori in condizioni comunque di disagio abitativo, situazioni di situazioni precarie di accesso, per esempio, anche ai servizi che noi definiamo di bassa soglia. Quindi, sicuramente, nelle grandi città è più evidente il fenomeno, ma anche nelle piccole città di provincia è presente, seppure possa esserlo in maniera diversa“, ci ha detto.
La Strage Invisibile
Oltre alla ricerca sul fenomeno dei minori senza dimora, la fio.PSD si occupa di monitorare anche altri importanti fenomeni, che riguardano sempre il tema dell’homelessness. “La fio.PSD si occupa di monitorare i decessi in strada delle persone, sin dal 2020. Per raccogliere questi dati abbiamo diverse fonti: dai dati comunicati dai nostri soci, alle fonti giornalistiche e di cronaca. Quello che stiamo monitorando è che negli anni i numeri stanno aumentando: dai 200 e rotti del 2020 siamo passati a 415 morti nel 2023, e cioè più di uno al giorno“.
“Il fatto che il numero sia raddoppiato, anche qui va preso con le pinze, nel senso che può essere anche dovuto al fatto che abbiamo affinato il metodo di raccolta. In ogni caso, comunque, questo numero ci fa capire che la situazione è grave, ed è qualcosa di cui non ci si può non occupare“, ha continuato la nostra intervistata.
Le fasce d’età maggiormente interessate sono quella che vanno dai 40 ai 49 anni, e quella che va dai 50 ai 59 anni. Secondo il report fio.PSD, però, in Italia, nel 2023, sono morte in strada poco più di 40 persone di una fascia d’età compresa fra i 16 e i 29 anni. La stragrande maggioranza di queste persone è straniera. “C’è un discorso, in questo caso, legato a come si conforma la popolazione migrante che arriva in Italia. Hanno, cioè, un’età più giovane, e sono più esposti, in questo caso, nella fascia giovanile“, ha spiegato Lucia Fiorillo, sottolineando come il fenomeno delle morti in strada interessi, comunque, anche le persone più giovani d’età, seppure non strettamente i minorenni.
Non si muore solo d’inverno
Inoltre, ben 133 persone, tra queste 415, sono morte in inverno, spesso per ipotermia. Le condizioni meteorologiche, però, non sono l’unica causa delle morti per strada. “Sicuramente è sconcertante, ed è vero che persone che arrivano a morire per ipotermia. Ma è anche vero che non si muore solo in inverno, e l’attenzione mediatica non dovrebbe concentrarsi solo su quello che succede in inverno, perché si muore durante tutto l’anno. E si muore non solo di freddo, si muore anche di salute. La speranza di vita delle persone senza dimora è di circa 30 anni in meno rispetto alla popolazione standard, e cioè si attesta intorno ai 50 anni“.
“Si muore per quelli che vengono definiti eventi traumatici: aggressioni, cadute, suicidi, incendi. Casi che, in una condizione ordinaria, non coinvolgono la popolazione generale. La popolazione generale muore per questo tipo di cose in una percentuale molto bassa, invece sono molto diffuse per le persone senza dimora“, ha sottolineato l’intervistata. Lucia Fiorillo ha, poi, aggiunto: “Voglio sottolineare è che questo monitoraggio non è fine a se stesso per rilanciare un appello. L’appello che rilanciamo è che bisogna innanzitutto lavorare per prevenire quello che è lo scivolamento nella povertà estrema“.
Il tema dell’abitare
Oltre a lavorare alla ricerca finalizzata a offrire, finalmente, un quadro completo e dettagliato sulla questione dei minori senza dimora in Italia, dunque, la fio.PSD continuerà a occuparsi della sensibilizzazione sull’argomento. Promuovendo, naturalmente, iniziative finalizzate a trovare una soluzione efficace e definitiva al problema dell’homelessness nel nostro Paese. “Stiamo lavorando, ovviamente con i soci, al tema dell’abitare. Le forme dell’abitare, come possiamo interpretare e declinare oggi l’abitare, rispetto anche al tema della grande marginalità. Nei mesi passati abbiamo organizzato anche un evento nazionale, intitolato ‘Abitare il cambiamento‘, a Roma. Ci siamo confrontati con i soci, come esperti, per chiederci cosa significa abitare: abitare come relazione, diritto e come politiche urbani. Abbiamo pubblicato un documento su questo tema, e sosteniamo che il tema dell’abitare debba essere strettamente congiunto a quello che sono le politiche sociali: le politiche sociali e le politiche abitative dovrebbero, infatti, andare a pari passo“.
L’obiettivo per il futuro
Secondo le parole di Lucia Fiorillo, la fio.PSD riconosce che “il contrasto alla grave marginalità è un tema entrato nel dibattito politico degli ultimi anni. Sono state sicuramente destinate ingenti risorse al contrasto dell’homelesness, attraverso fondi nazionali ed europei. Ma pensiamo che bisogna comunque procedere e andare avanti in un’ottica integrata. Deve essere un’ottica che non abbia un carattere emergenziale, ma diventi un qualcosa di sistemico. Perché, talvolta, appunto, queste politiche sono state caratterizzate da una componente emergenziale, una componente di temporaneità. Ci sono state sperimentazioni, magari anche molto virtuose a livello locale, ma che poi faticano a trovare spazio e respiro a livello nazionale. C’è bisogno, dunque, di questa integrazione tra politiche sociali e abitativi. E poi c’è il tema dei diritti: riconoscere, anche per le persone senza dimora, i diritti fondamentali che passano dalla residenza, dall’abitare, dal riconoscimento della dignità della persona“.