Riprendiamo il filo dopo il primo incontro che si è tenuto in occasione dell’assemblea a Roma a maggio scorso; il gruppo sarà necessariamente, soprattutto all’inizio, piuttosto “mobile” dal momento che potranno aggiungersi altri soci via via che il processo dei GLN prosegue
Per questo secondo incontro si è pensato di invitare due realtà bolognesi che stanno già sperimentando con successo il lavoro di comunità e la partecipazione attiva in progetti con persone senza dimora
Il prossimo incontro si terrà mercoledì 13 dicembre a Bologna dalle 10 alle 13, presso l’Happy Center, in via A. di Vincenzo 26/a (ATTENZIONE: INCONTRO RINVIATO A DATA DA DESTINARSI)
Prima di sentire la loro testimonianza facciamo un giro di presentazioni, non essendo tutti presenti a Roma, chiedendo anche la motivazione a far parte del gruppo
Tutti convengono sul fatto che il lavoro di comunità è un tema centrale per evitare che le strutture vengano percepite dagli ospiti e dall’esterno come “ghetti” della povertà e non luoghi di relazioni all’interno e con le città. Anche l’aspetto dei nomi dei servizi (dormitori, centri, strutture, progetti) riveste una grande importanza in questo senso
In alcune realtà si tratta di cambiare il paradigma degli interventi, troppo spesso autocentrati
Alcuni servizi hanno già sperimentato (ad es. la realtà di Como, presso il centro diurno, ha organizzato attività laboratoriali aperte alla cittadinanza che hanno avuto molto seguito). Un approccio basato sul lavoro di comunità è inoltre fondamentale nelle sperimentazioni e nei progetti di accoglienza, in particolare secondo il modello “Housing First/led”.
Rispetto alle presentazioni di Ilaria Ignelzi e Carolina Sifontes di Bologna, alleghiamo le slides che hanno presentato.
I progetti vanno nella direzione della “capacitazione” delle risorse delle persone accolte e di attivazione della cittadinanza come risorsa.
Uno dei benefici ottenuti è stato fatto che le persone hanno avuto spazi per “mettesi in gioco” nell’accogliere e non solo come “accolti”, anche mettendo a frutto capacità proprie.
Un altro aspetto importante che è emerso è che le persone senza dimora o comunque in situazioni di disagio hanno, come qualsiasi persona, anche un diritto all’accesso ai linguaggi artistici.
Di seguito qualche dettaglio sulle presentazioni…
Ilaria Ignelzi, di Open Group Bologna, ha presentato la rassegna culturale “Gomito a gomito” realizzata all’interno di una delle loro strutture di accoglienza, che da luogo escludente è passata a luogo includente, rafforzando i percorsi di autonomia delle persone.
Carolina Sifontes, del Consorzio Indaco Coop. Dolce di Bologna, ha raccontato, invece, l’esperienza di Belle Trame, una struttura di accoglienza in cui esistono una palestra popolare, un laboratorio sartoriale, un piccolo bar. Il cortile di Belle Trame è diventato un luogo in cui si suona, si fa teatro e lezioni di italiano.
Adesso Belle Trame sta provando a cambiare ulteriormente prospettiva, portando alcune attività anche all’esterno.
Le testimonianze hanno permesso di ampliare la riflessione nel gruppo. Si è discusso di quanto sia importante, in certi momenti, aprire i servizi (e, di conseguenza, i luoghi) alla cittadinanza e di quanto sia altrettanto significativo andare “fuori” dal luogo di accoglienza, per evitare ciò che è stato definito effetto zoo.
E’ necessario attivarsi molto per promuovere il lavoro di comunità e trovare persone, associazioni, volontari disponibili a collaborare… Occorre spendersi, lanciarsi, chiedere, conoscere il territorio.
Il volontario assume un nuovo ruolo: non solo persona che apporta il proprio contributo in qualcosa di già esistente ma persona portatrice di capacità, competenze, professionalità che può mettere a disposizione e a servizio della realtà presso cui opera.
Infine, il gruppo ha riflettuto molto anche sui diritti e sui bisogni altri delle persone senza dimora che, chiaramente, non sono solo quelli primari (ad esempio, il diritto alla cultura, all’arte, allo sport, al divertimento, alle attività ricreative, a viaggiare, ecc…).