Report su Residenza e accesso ai Servizi
di Paolo Brusa, gruppo europa
Durante lo scorso anno ho avuto l’onore di contribuire alla ricerca promossa dall’Osservatorio Europeo sull’Homelessness (EOH – Eu Observatory on Homelessness) che ha approfondito il tema del residenza in relazione alla possibilità di usufruire dei servizi per persone in situazione di grave marginalità.
La pubblicazione offre i risultati di una comparativa a livello europeo sull’impatto del requisito della residenza sulle persone che vivono una condizione di grave e gravissima marginalità.
Dalla ricerca emerge come nella maggior parte dei servizi nei vari stati membri ci sia l’obbligo per le persone in difficoltà di dimostrare un collegamento con la città o il comune che offre i servizi di accesso, limitando di fatto l’accesso alle strutture anche di prima accoglienza e in grado di rispondere a bisogni primari.
La ricerca dimostra come le regole e le norme che limitano l’accesso ai servizi subordinandoli alla residenza (“local connection criteria – connessione alla rete locale”) siano sostanzialmente mal progettati, e in generale introducano elementi discriminatori e ostativi soprattutto per le persone più vulnerabili.
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La ricerca offre una visione a livello europeo delle diverse declinazioni.
Come recitano le recenti “Linee guida per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia”, la questione della residenza anagrafica è nodale nella gestione degli interventi. Il concetto giuridico di residenza trova le sue basi nell’art. 43 del Codice Civile che recita testualmente: “Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.
Ne consegue sia su un piano logico che su quello giuridico che la residenza anagrafica non consiste esclusivamente nel possedere un alloggio, ma nell’essere persona abitualmente presente in un luogo dato. Questa presenza assume valenza per l’iscrizione nei registri anagrafici, al di là delle caratteristiche del luogo in cui l’individuo dichiari di essere abitualmente presente.
Il concetto di domicilio è ancora più vincolante, dato che esprime un vincolo di diritto più stretto tra una persona e il luogo dove essa “ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”. La Corte di Cassazione (sentenza 7750 del 20 luglio 1999 – Corte di Cassazione – Sezione II) ha stabilito che per “affari e interessi” si devono intendere “tutti i rapporti e tutte le relazioni di qualsiasi natura, personali, sociali, familiari, economiche e morali, aventi per oggetto interessi di ogni genere”. Questa definizione è decisamente più ampia e si adatta anche alle situazioni limite vissute dalle persone che versano in grave marginalità.
Sempre nello specifico della dimensione italiana, la circolare del Ministero degli Interni n. 8 del 29 maggio 1995 ribadisce che il servizio anagrafico è svolto dai Comuni per conto dello Stato e che pertanto il Sindaco, agendo in qualità di ufficiale di Governo, è obbligato ad applicare quanto previsto dall’ordinamento nazionale, si definisce “contraria alla legge e lesiva dei diritti dei cittadini” qualsiasi richiesta di documentazione supplementare. Riconoscendo l’iscrizione anagrafica come dovere e diritto soggettivo del cittadino, la stessa circolare precisa che l’atto di vincolarla a condizioni non previste dalla legge e dal regolamento anagrafici, costituisce altresì una palese violazione dell’art. 16 della Carta Costituzionale limitando la libertà, riconosciuta a qualsiasi cittadino, di spostamento e stabilimento sul territorio nazionale.
Per le specifiche relative a ciò che impone il quadro legislativo rispetto alla situazione nazionale, rimando alla trattazione specifica contenuta nelle recenti “Linee guida per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia”.
Per quanto invece riguarda una disamina del contesto europeo, con i collegamenti e i raffronti rispetto alla operatività quotidiana sperimentata nei diversi territori campione esaminati nella parte italiana della ricerca, rimando al testo proposto in download gratuito: Local Connection Rules and Access to Homelessness Services in Europe
Voglio ringraziare i colleghi che hanno voluto condividere una parte del loro tempo e della loro esperienza sul tema della Local Connection Criteria (LCC) nei loro ambiti locali, e in particolare:
Francesca Simonini (ass. Noi sulla strada) per Padova e Brescia; Maria Luisa Pontelli (Opera Diocesana Betania) e Luca Vicario (Il Fogolar Caritas) per Udine; Francesco Pilli (Cosep e Fondazione di Partecipazione) per Mestre e Venezia; Massimo De Albertis (Comune di Torino) e Roberto Mosso (Testarda) per Torino; Giorgio Bonini (Porta Aperta) per Modena; Emanuela Tacchetto (Gruppo R) per Padova; Michele Trabucco, Alberto Mortara e i colleghi in fio.PSD.
Ne approfitto per ricordare una volta in più la mia gratitudine per l’insegnamento costante che mi hanno offerto in questi anni, e mi offrono tuttora, le persone con cui lavoro a Torino, Trento, Bolzano, Rovereto, Padova, Vicenza, Mestre, Riva del Garda, Venezia, Milano, Verona, Bologna, Udine, Codroipo, Rovereto, Trento, Genova e La Spezia.