Ending Youth Homelessness by Addressing Trauma
Nel mese di ottobre 2023 FEANTSA ha organizzato una study session dal titolo “Ending Youth Homelessness by Addressing Trauma” ospitato dal Consiglio d’Europa a Budapest. Per questo evento 34 giovani da 14 Stati dell’Unione Europea (Portogallo, Spagna, Francia, Irlanda, Inghilterra, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Austria, Albania, Montenegro, Slovenia, Grecia, Finlandia) si sono incontrati per discutere e condividere esperienze sul tema proposto. Per l’Italia erano presenti 3 operatori di organizzazioni socie fio.PSD: Cooperativa Lybra (Trieste), Cooperativa Sociale Progetto Tenda (Torino) e PsyPlus (Roma).
Strumenti e risorse per far fronte a situazioni traumatiche
La study session è iniziata attraverso un approccio esperienziale, dove i partecipanti sono stati invitati a riflettere sulla propria vita personale, prima che lavorativa. Per fare questo è stato necessario creare una definizione comune di trauma, definito come “la reazione individuale ad un determinato evento/serie di eventi della vita” (una risposta soggettiva ad eventi oggettivi).
Quali strumenti e risorse è possibile adottare per far fronte a situazioni stressanti o traumatiche? Questa è stata una delle prime domande che sono state poste ai partecipanti, una domanda allo stesso tempo importante e destabilizzante perché implica una riflessione sulle risorse da cui è possibile trarre beneficio, risorse spesso non accessibili alle persone senza dimora: avere uno spazio proprio dove potersi rifugiare, avere delle relazioni amicali, familiari, intime, significative e di supporto, avere possibilità economiche per potersi iscrivere in palestra, fare uno sport, andare in vacanza, iniziare un percorso con degli specialisti, avere la possibilità di vivere in un contesto che offra dei servizi a cui accedere, come un cinema, un teatro, il trasporto pubblico. Le tematiche emerse chiamano in causa la collettività, la società, il sistema che spesso si rende partecipe nella creazione del trauma e non sempre è in grado di fornire strumenti adeguati per fronteggiarlo, perché, anche se il trauma è un’esperienza soggettiva, non la si può affrontare da soli.
Come vedono il mondo le persone che vivono il trauma
Nel corso della study session i partecipanti si sono esercitati ad indossare diversi “occhiali”. Il trauma infatti porta le persone a strutturare in modo particolare la propria visione del mondo e le risposte a situazioni percepite come pericolose. Questi meccanismi sono spesso appresi nell’infanzia e sono riconducibili a cinque categorie: Fight (combattimento), Freeze (congelamento), Run away (fuga), Attachment (attaccamento) e Submission (sottomissione).
Quando questi meccanismi vengono innescati ed entrano in azione si entra in uno stato di ipo o iper eccitazione dove diventa difficile il dialogo e il confronto. Vi è una soglia di tolleranza prima che si verifichi l’innesco di questi comportamenti. L’immagine proposta è quella di una finestra che – a seconda delle nostre caratteristiche soggettive o semplicemente di come stiamo in un determinato momento – può essere più o meno aperta (“window of tolerance”).
La consapevolezza di questi due strumenti (gli occhiali e la finestra) può aiutare a guidare gli interventi con le persone che si incontrano nei servizi e a creare degli spazi di dialogo aperto e costruttivo, osservando i comportamenti che esse mettono in atto, senza dimenticarci di stare anche in ascolto di sé stessi.
Come prendersi cura della salute degli operatori
Oltre alla cura dei beneficiari dei servizi, un tema che è stato approfondito è stato quello della salute e il benessere degli operatori. Spesso infatti questi sono immersi in un contesto di relazioni di aiuto complesse, a stretto contatto con i traumi delle persone, che rischiano di essere a loro volta traumatizzati (cd. trauma secondario) e che mettono a dura prova l’equilibrio psicofisico. La formazione, la tutela e il benessere degli operatori è quindi essenziale per la buona riuscita dei percorsi di accompagnamento. Questo si traduce anche in accorgimenti pragmatici, quali ad esempio la presenza di una supervisione, l’organizzazione della reperibilità e la strutturazione di spazi idonei al lavoro.
Nell’esperienza degli operatori che hanno preso parte all’iniziativa, la study session è stato un tempo prezioso per riflettere su molti aspetti legati al proprio lavoro e alle proprie modalità di agire, lasciando aperte altrettante domande che possono guidare un percorso di crescita, sapendo che nel lavoro sociale nulla può essere mai dato per scontato.
Quanto siamo consapevoli del trauma vissuto dalle persone con cui lavoriamo?
Quanto sono in grado di valutare l’apertura della mia finestra di tolleranza e di quella delle persone alle quali sono dedicati i nostri servizi?
Quanto tempo abbiamo a disposizione per far sì che le finestre delle persone si possano aprire?
Quanto gli spazi dei nostri uffici, dei nostri appartamenti e strutture di accoglienza sono pensati per venire incontro ai bisogni di entrambi i beneficiari dei nostri progetti e delle persone che vi lavorano?
Si ringrazia Naomi Karels (Cooperativa Sociale Progetto Tenda) e Gianpaolo Camber (Cooperativa Lybra) per la stesura dell’articolo.